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Simon Boccanegra.

Melodramma in un prologo e tre atti di G. Verdi su libretto di F.M. Piave, da un dramma di G. Gutiérrez. Rappresentata per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia il 12 marzo 1859, l'opera segue cronologicamente la cosiddetta trilogia popolare (Rigoletto, Trovatore, Traviata) e appartiene alla fase più matura della produzione verdiana. La rielaborazione che Verdi ne fece utilizzando un libretto rifatto da A. Boito andò in scena al Teatro alla Scala il 24 marzo 1881, riscuotendo un notevole successo. L'opera, tuttavia, non è mai stata tra le più popolari del repertorio verdiano; la causa va probabilmente ricercata nella natura del tessuto drammaturgico, per cui gli eroi del melodramma (tenore e soprano) non riescono a emergere rispetto al nucleo centrale della vicenda. Numerose però le pagine pregevoli: Fiesco, Il lacerato spirito; Fiesco e Simone, Simon? Tu!; Amelia, Come in quest'ora bruna; Simone e Amelia, Figlia!... a tal nome io palpito; Simone e Tutti, Plebe! Patrizi! Popolo!; Paolo, Me stesso ho maledetto!; Gabriele, Sento avvampar nell'anima...; Simone, M'ardon le tempia...; Fiesco e Simone, Delle faci festanti al barlume. La vicenda si svolge a Genova nel 1339. Il corsaro Simon Boccanegra (baritono) viene eletto doge grazie all'appoggio di Paolo Albiani (baritono), capo del partito plebeo. Suo nemico implacabile è invece Jacopo Fiesco (basso), la cui figlia Maria è stata sedotta e abbandonata dal Boccanegra. Ritrovata dopo 25 anni la figlia Amelia (soprano) avuta da Maria, il doge Simone la promette in sposa dapprima a Paolo Albiani, poi cambia idea e la destina a Gabriele (tenore). Paolo tenta allora di rapire la giovane, ma viene scoperto da Simone, che lo costringe a maledire se stesso. Intanto, durante una riunione plenaria nella Sala del Consiglio, il doge è riuscito ancora una volta a placare il dissidio tra patrizi e plebei. Paolo, deciso a vendicarsi, somministra un veleno a Simone, poi persuade Gabriele, ignaro del fatto che il doge e Amelia siano padre e figlia, che Simone abbia losche mire sulla ragazza. Gabriele tenta allora di uccidere il doge, che gli rivela la verità. Paolo viene giustiziato, mentre Fiesco è liberato dalla prigione. Simone, prima di morire, si riconcilia con lui e benedice le nozze di Amelia con Gabriele, che i Genovesi acclamano nuovo doge.